È partita la campagna “100 motivi per condannare il dittatore”: a lanciarla è il TJK-E che, in un comunicato, annuncia di voler raccogliere 100.000 firme per portare alla ribalta i motivi appunto per opporsi agli abusi di potere, alla violenza e all’ingiustizia turca. “Con questa campagna, – si legge – vogliamo attirare l’attenzione sulle politiche femminicide dell’AKP e di Erdoğan”
«Come Movimento delle donne curde in Europa (TJK-E), lanciamo la campagna “100 motivi per condannare il dittatore” e ci ribelliamo contro il principale autore di questi crimini, Recep Tayyip Erdoğan. Vogliamo raccogliere 100.000 firme per portare alla ribalta i 100 motivi per opporsi al dittatore e ai suoi mercenari, ai militari e alla polizia: contro gli abusi di potere, contro la violenza e l’ingiustizia. Con questa campagna, vogliamo attirare l’attenzione sulle politiche femminicide dell’AKP e di Erdoğan. Vogliamo giustizia». Con queste parole si apre il comunicato stampa del Movimento delle donne curde in Europa (TJK-E) che annuncia appunto il lancio di una campagna di raccolta firme per attirare l’attenzione sulle politiche femminicide dell’AKP e di Erdoğan.
«Dalla storia recente dell’umanità – si legge ancora – sappiamo che nulla ha portato a più catastrofi dei regimi dittatoriali. Dal genocidio armeno alla Shoah, dai genocidi dei colonizzatori contro le popolazioni indigene nelle Americhe ai massacri in luoghi come il Medio Oriente (incluso il Kurdistan), l’umanità ha dovuto affrontare tutti i tipi di genocidi, in particolare negli ultimi due secoli».
Le definizioni di dittatura e genocidio, così come sancite dalla Convenzione delle Nazioni Unite e secondo gli standard legali internazionali, “ci danno una ragione sufficiente per suggerire che Erdoğan è un dittatore e che dovrebbe essere processato per i suoi crimini contro le donne. Dal 2009 ad oggi – denuncia il Movimento – migliaia di donne sono state perseguitate e uccise dal regime turco: le compagne del movimento delle donne curde Sakine Cansız, Fidan Doğan e Leyla Şaylemez , la rappresentante dell’autogoverno della Confederazione della Siria del Nord Est Hevrin Xelef , l’avvocata Ebru Timtik sono solo alcuni degli esempi divenuti noti a livello internazionale. A livello nazionale, il governo di Erdoğan ha trasformato il Paese in una prigione a cielo aperto, un regime di paura con metodi dittatoriali”. “C’è un’altra guerra pericolosa guidata dall’AKP che non viene riportata dai media – conclude – e che è assente dalle agende mondiali: una guerra femminicida contro le donne! La violenza contro le donne è aumentata di oltre il mille per cento in Turchia”.
Ecco allora l’idea di una campagna che arrivi a raccogliere almeno 100mila firme. «Vogliamo – dice il Movimento – porre fine alla violenza contro le donne nella Repubblica turca, dove ogni giorno almeno una donna viene uccisa dalla violenza sessista. Con questo sforzo, vogliamo essere la voce di tutte le donne del mondo che sono soggette a violenza e attirare l’attenzione su tutti i crimini di Stato commessi contro le donne. Vogliamo che il femminicidio sia riconosciuto a livello internazionale come crimine contro l’umanità e come forma di genocidio».
“Le firme che raccoglieremo – si legge nell’appello alla campagna – costituiranno il primo passo per gettare le basi per il lavoro legale, sociale, politico e d’azione per non concedere alcuna tregua al dittatore. Nella seconda fase porteremo le nostre firme e le prove raccolte alle Nazioni Unite”.